26 nov 2006

Il pianoforte di Scriabin





Per il bicentenario della nascita del Conservatorio "G. Donizetti", il Comune di Bergamo ha organizzato alcuni concerti in Città Alta, nella Sala Piatti una piccola struttura aperta agli inizi del secolo scorso, semplice, ma con una volta spettacolare.

Stavolta sono riuscita a trovare il posto, dopo gli innumerevoli tentativi fatti nella prima serata (rimasti poi a bocca asciutta). Ma che volete? Città Alta è fatta così: un vicolo stretto e buio, un portoncino malandato e dentro si apre inaspettatamente un enorme teatro...

Ieri sera il programma prevedeva diverse escuzioni riassunte col titolo"Il pianoforte di Scriabin". Ero molto curiosa di ascoltare Scriabin, soprattutto ora che sento di nuovo il desiderio di suonare il pianoforte. Forse la musica di questo compositore è molto lontana dalle mie esigenze espressive o forse no. Se è vero che ciò che temiamo di più, è ciò che coviamo segretamente dentro, allora il tormento di Scriabin doveva per forza fare al caso mio.



O magari mi sbaglio e sono una semplice curiosa, affamata di ispirazioni e di bellezza.
Si dice che Scriabin avesse dipinto i tasti del pianoforte su cui suonava e che componesse non seguendo una melodia precisa ma i colori dei tasti. Questa visione mi ha colpito talmente tanto da farmi sognare una tastiera ricoperta di... cioccolato! evidentemente è l'unica mia ossessione, ultimamente.



Le ossessioni però hanno un loro risvolto. Tirano fuori i blocchi emotivi, sono come un dito che gira nella piaga. E per questo non mi arrendo e se qualcosa mi prende, lo sfrutto fino in fondo.
Anche Scriabin era davvero ossessionato dal legame musica-colore, a tal punto da volere che il suo Prometeo fosse rappresentato utilizzando dei fasci di luce che inondassero la sala.



Si dice che la sua musica fosse in grado di suggestionare gli ascoltatori con fantasiose associazioni. La seconda moglie del musicista, la pianista Tatiana de Schloetzer, giunse a dire:

"L'anima libera e senza legami si precipita con passione nel dolore e nella lotta. (...) il ritmo leggero, le armonie profumate, non sono che un velo attraverso cui traspare l'anima inquieta e tramortita."



Ma l'anima che si getta nella lotta e nel dolore, è un'anima libera? ...
Esco dal teatro con questo pensiero in testa... dolore... catene... ma libertà non è sapersi staccare dal dolore? Mi metto a girovagare tra la nebbia e mi rendo conto, quasi improvvisamente, che in Città Alta è arrivato il Natale.



"L'anima vaga alla deriva in un mare di sentimenti dolci e malinconici: amore, tristezza, vaghi desideri, pensieri indefinibili di un fascino fragile, di fantastma nel tormento degli elementi scatenati, l'anima di dibatte e lotta inebriata".



Dalle profondità dell'essere si leva la voce formidabile dell'Uomo-Dio, il cui canto di vittoria risuona trionfante. Ma troppo debole ancora, presso la vetta, egli cade rovinando negli abissi del nulla.



Il Caffé della Funicolare, acceso sul Viale delle Mura.


Chiudi gli occhi e ti perdi nella nebbia di un sogno.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Un caffè letterario, dove leggi un linbro sorseggiando cioccolata in mezzo a quadri e opere d'arte immersi nell'aroma di pasticceria e libreria.
Dopo la cioccolata sempre girando le pagine del libro su una poltrona di alcantara rosso scuro, ordini un caffè per ammazzare la cioccolata con un bicchiere di acqua frizzante sorseggiando il tutto distrattamente e senza fretta, nessuno ti fa fretta di uscire per liberare il posto e non c'è confusione o premura, anche perché il sottofondo è un piano forte quello che suona e i tasti possono benissimo essere di cioccolata (quelli neri) e glassa quelli bianchi!